Avvocato Gian Carlo Soave: “Finanziamento e spese assicurative”.

Si segnala la sentenza n. 8806/2017 della Corte di Cassazione in tema di TAEG e modalità di calcolo del Tasso Effettivo Globale nei contratti di finanziamento, in relazione alla normativa sull’usura.

Nella fattispecie era stato concesso un finanziamento il cui tasso, secondo parte finanziata, superava la soglia dell’usura.

La normativa in materia di usura, riformata dalla Legge n. 108/96 ed in base alle istruzioni della Banca d’Italia, prevede le modalità di calcolo del TAEG e le voci da considerare per calcolare il costo del prestito concesso. Ciononostante molti Tribunali non tengono conto delle suddette istruzioni, escludendo numerosi costi connessi alla concessione del prestito.

L’art. 644 comma 4 c.p. recita che: “Per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito”. Diversamente l’esclusione di tali voci dal conteggio del tasso comporterebbe la conseguenza di nascondere l’effettivo peso economico del credito accordato.

Inoltre non va dimenticato che l’usura rileva sia penalmente che civilmente: ex art. 1815 c.c. “Se sono convenuti interessi usurari, la clausola è nulla e non sono dovuti interessi”.

La Corte d’Appello, nel caso in esame, aveva escluso dalle voci per il calcolo del tasso del finanziamento le spese di assicurazione, nonostante le istruzioni della Banca d’Italia, i decreti ministeriali e la legge sull’usura prevedano che per calcolare il tasso effettivo globale debbano essere incluse le commissioni e le remunerazioni a qualsiasi titolo e spese, comprese, quindi, le spese di assicurazione o la garanzia imposta dal creditore, volte ad assicurare allo stesso il rimborso totale o parziale del credito.

Banca d’Italia, infatti, nel 2009 ha precisato che: “restano incluse nel conto di usurarietà le spese per assicurazione o garanzia intese ad assicurare il rimborso totale o parziale del credito, se la conclusione del contratto avente ad oggetto il servizio assicurativo è contestuale alla concessione del finanziamento”.

Il credito e l’assicurazione, sono, dunque, elementi collegati come previsto dall’art. 644 comma 4 c.p.

La Corte di Cassazione conclude, quindi, definendo i principi di diritto da seguire per il calcolo del tasso effettivo globale nel rispetto dell’art. 644 c.p.: “In relazione alla ricomprensione di una spesa di assicurazione nell’ambito delle voci economiche rilevanti per il riscontro dell’eventuale usurarietà di un contratto di credito, è necessario e sufficiente che detta spesa risulti collegata all’operazione di credito. La sussistenza del collegamento, se può essere dimostrata con qualunque mezzo di prova, risulta presunta nel caso di contestualità tra la spesa ed erogazione”.

Avvocato Gian Carlo Soave: “Sinistro stradale”.

La Corte di Cassazione,  con sentenza n. 11751/2017, ha confermato la condanna a dieci mesi di reclusione per  un uomo coinvolto in un sinistro, dapprima fermatosi ma poi allontanatosi senza consentire l’identificazione sua e del suo veicolo.

L’art. 189 comma 6 C.d.S. prevede che in caso di incidente stradale con danno alle persone, i soggetti coinvolti hanno l’obbligo di fermarsi. Chi non vi ottempera commette reato, punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente da uno a tre anni. Nell’articolo vi rientrano anche le ipotesi in cui la sosta vi sia ma solo momentanea.

Nella fattispecie l’imputato tenta di difendersi sostenendo di aver invitato con un cenno l’altro conducente ad allontanarsi insieme per spostarsi in modo da non intralciare la circolazione; dopo essersi allontanato, però, non aveva più visto l’altra persona.

La Cassazione  ha precisato che “il bene giuridico tutelato dalla norma attiene alla necessità di accertare le modalità del sinistro e di identificare coloro che ne siano coinvolti”.

Pertanto, integra il reato “anche la condotta di chi effettui sul luogo del sinistro una sosta momentanea, senza consentire la propria identificazione, né quella del veicolo, dovendo la sosta durare per tutto il tempo necessario all’espletamento delle prime attività di indagine“.

Secondo la Suprema Corte non rileva, dunque, l’inconsapevolezza dell’automobilista in relazione alla lesione dell’altro soggetto coinvolto nel sinistro, in quanto il reato punito ex art. 189 comma 6 C.d.S. sussiste anche in presenza di dolo eventuale “che si configura normalmente in relazione all’elemento volitivo, ma che può attenere anche all’elemento intellettivo, quando l’agente consapevolmente rifiuti di accertare la sussistenza degli elementi in presenza dei quali il suo comportamento costituisce reato, accettandone per ciò stesso il rischio“.

Polizze pluriennali

In considerazione delle numerose richieste di delucidazioni, da parte dei gentili lettori, in tema di contratti assicurativi poliennali e del relativo diritto di recesso, a seguire un breve riepilogo della normativa in materia.

In data 1.02.2007 è entrato in vigore il “Decreto Bersani” che ha modificato l’art. 1899 c.c., introducendo la facoltà per l’assicurato di recedere annualmente dalle polizze poliennali “senza oneri e con preavviso di sessanta giorni”.

Più precisamente l’art. 5 comma 4 del decreto stabilisce che: “al comma 1, dell’articolo 1899 del codice civile, il secondo periodo è sostituito dal seguente”: “In caso di durata poliennale, l’assicurato ha facoltà di recedere annualmente dal contratto senza oneri e con preavviso di sessanta giorni”.

In sede di conversione in legge sono state apportate alcune modifiche: “All’art. 1899 c.c., comma 1, il secondo periodo è sostituito dal seguente: In caso di durata poliennale, l’assicurato ha facoltà di recedere annualmente dal contratto senza oneri e con preavviso di sessanta giorni. Tali disposizioni entrano in vigore per i contratti stipulati dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. Per i contratti stipulati antecedentemente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, la facoltà di cui al primo periodo può essere esercitata a condizione che il contratto di assicurazione sia stato in vita per almeno tre anni”.

Nei contratti pluriennali stipulati prima dell’entrata in vigore della legge di conversione n. 40/2007, il diritto di recesso può essere esercitato se il contratto di assicurazione è stato sottoscritto da almeno tre anni.

La Corte di Cassazione ha, quindi, individuato tre ipotesi di recesso:

– Contratti stipulati prima della Legge n. 40/2007 in data precedente al 3.04.2007: per quelli  ancora eventualmente in essere, il recesso può essere esercitato annualmente – se decorsi almeno tre anni dalla loro stipula – con un preavviso di sessanta giorni rispetto alla scadenza di ogni annualità. Se è previsto il tacito rinnovo, il contratto può essere disdettato alla naturale scadenza.

– Contratti stipulati prima della Legge n. 40/2007 – tra il 3.04.2007 ed il 14.08.2009 – ed ancora vigenti: l’assicurato può recedere purchè siano trascorsi tre anni dalla stipula del contratto e la disdetta può essere fatta, ad ogni annualità, con preavviso di almeno sessanta giorni. In caso di polizza annuale con tacito rinnovo, la disdetta può essere inviata sessanta giorni prima della scadenza naturale.

– Contratti stipulati dopo il 14.08.2009

Con l’art. 21 della Legge 23.07.2009 è stato nuovamente modificato l’art. 1899 c.c. con ripristino della facoltà delle Compagnie di stipulare polizze di durata poliennale prevedendo una riduzione del premio rispetto a quello per la medesima copertura del contratto annuale.

L’assicuratore, in alternativa ad una copertura di durata annuale, può proporre una copertura di durata poliennale a fronte di una riduzione del premio rispetto a quello previsto per la stessa copertura dal contratto annuale”.

Ne consegue la distinzione tra contratti di durata pari o inferiore ai cinque anni per i quali non è possibile esercitare il diritto di recesso, in quanto implicitamente rinunciato a fronte dello sconto – per i quali occorre attendere la naturale scadenza, fermo restando l’obbligo di sessanta giorni di preavviso in caso di tacito rinnovo – e polizze con durata superiore ai cinque anni, con tariffa ridotta esplicita, per i quali si può esercitare il diritto di recesso dandone comunicazione almeno sessanta giorni prima dell’annualità nel corso della quale può essere esercitato tale diritto. Devono, quindi, trascorrere almeno cinque anni prima di poter esercitare il diritto di recesso.

A fronte di varie segnalazioni secondo cui spesso non è riportato in polizza la misura dello sconto né è evidenziata la circostanza che, beneficiando dello sconto, il contraente non ha il diritto di recesso per i primi cinque anni, si segnala la circolare IVASS del 5.11.2013 che ha stabilito che: “Nel rispetto dei principi di correttezza e trasparenza sanciti, nelle relazioni con i contraenti e gli assicurati, dall’art. 183 del Codice delle Assicurazioni, d’ora in poi, le imprese di assicurazione dovranno indicare nella polizza, in modo chiaro, la misura dello sconto applicato, con l’avvertenza per il consumatore che, avendo beneficiato dello sconto, non può recedere dal contratto per i primi cinque anni”.

Avvocato Gian Carlo Soave: “Clausola Claims Made”

 

Clausola Claims Made: riflessioni e prospettive di riforma.

L’evoluzione normativa delle assicurazioni obbligatorie professionali per i danni cagionati al cliente (D.P.R. n. 137/2012) nell’ambito soprattutto sanitario, di pubblica amministrazione e peculiari attività di impresa, ha creato non poche difficoltà circa l’assunzione dei rischi da parte del mercato assicurativo. A legare le mani delle compagnie assicurative è stata la rigida statuizione dell’art. 1917, I comma del Codice Civile, che limitava la libertà contrattuale delle parti rispetto a clausole quali, per esempio, le claims made di origine anglosassone. La limitazione contrattuale, da una parte è ricaduta sul portafoglio degli assicurati visto il costo esorbitante delle polizze professionali “classiche” (e in modo indiretto sui danneggiati, dal momento che spesso il professionista o non stipulava tali polizze o ne stipulava di carenti), dall’altra ha comportato comunque l’introduzione delle suddette clausole su cui, inevitabilmente, si è scatenato un forte dibattito giurisprudenziale, che non ha fatto altro che alimentare incertezze circa la copertura dei professionisti, aumentando il rischio, per il danneggiato, di non essere risarcito in modo adeguato. Nemmeno il recente intervento delle Sezioni Unite della Cassazione (Cass. Sez. Un. 6 maggio 2016, n. 9140), che ha sancito la legittimità delle clausole claims made, può dirsi definitivamente risolutivo. I dubbi restano, ed il pericolo di vuoti di copertura persiste. Ricordiamo che per il disposto dell’art. 1917 c.c. il “fatto” su cui si basa la richiesta di risarcimento, deve verificarsi durante il tempo dell’assicurazione. Tale richiesta quindi, può pervenire all’assicurato, anche successivamente alla cessazione della polizza, purché l’evento generatore si sia verificato durante il periodo assicurato. Mentre nella claims made (traducibile in “a richiesta fatta”) il “fatto” generatore del danno può avvenire anche prima della stipula della polizza e la richiesta di risarcimento giungere dopo la stipula, quindi, per un evento che ha una propria causa retroattiva. Si fa riferimento alla pretesa risarcitoria a prescindere dal momento in cui il danno si sia effettivamente verificato. Ciò che questa petizione si propone di fare è sollecitare un intervento legislativo sul tema che dia voce e coerenza ad un sistema assicurativo in palese trasformazione, per:

  • porre fine alle incertezze interpretative delle clausole assicurative non specificatamente previste dall’attuale normativa con tutte le garanzie del caso, e rendere così sicuri e validi gli accordi contrattuali tra le Parti;
  • aiutare il nostro sistema giuridico nella deflazione dei numerosi contenziosi riguardanti le RC professionali, i cui effetti, in ultimo, ricadono sulle persone danneggiate;
  • deresponsabilizzare gli intermediari assicurativi rispetto ai prodotti da loro proposti in termini sicurezza dei limiti di operatività della polizza, di accuratezza delle informazioni da rendere al cliente e di adeguatezza della polizza alle esigenze dell’assicurato.

Quali modifiche, dunque, sono proponibili all’art. 1917 c.c.?

L’art 1917 c.c. I Comma, oltre a prevedere l’obbligo per l’assicuratore di tenere indenne l’assicurato di quanto questi deve pagare a un terzo in conseguenza del fatto accaduto durante il tempo dell’assicurazione, dovrebbe sancire altresì, per l’assicuratore, l’obbligo di tenere indenne l’assicurato in relazione alla responsabilità dedotta in contratto ed in conseguenza del verificarsi della pretesa risarcitoria entro il tempo dell’assicurazione od entro un periodo di tempo successivo alla cessazione dell’assicurazione per un fatto avvenuto anteriormente e/o durante il tempo dell’assicurazione stessa. Escludendo naturalmente i danni derivanti da fatti dolosi.