Solidità Finanziaria e Rating dell’intermediario Grossista o Wholesaler.

L’intermediario grossista o “broker wholesale”, la cui attività non è ancora disciplinata nello specifico dalla attuale normativa, è il soggetto che seleziona/ricerca/contratta prodotti o servizi da segnalare all’intermediario dettagliante (broker retail-proponente), fornendo sugli stessi adeguata consulenza ed assistenza tecnica. Il broker retail, grazie alla consulenza del grossista, può così ricercare le coperture più adeguate alle esigenze del cliente a condizioni che non riuscirebbe altrimenti ottenere.

 

Con il Decreto Crescita 2.0 (Decreto Legge 179/2012) vengono rimossi i limiti di distribuzione orizzontale dei prodotti assicurativi, permettendo all’art. 22 comma 10 la stipula di accordi di collaborazione reciproca tra agenti, brokers, banche, intermediari finanziari per l’intermediazione dei prodotti assicurativi anche mediante l’utilizzo dei rispettivi mandati, creando maggiori libertà tra gli operatori del settore, col fine di stimolare la concorrenza sul mercato assicurativo.

Naturalmente l’attività di intermediazione svolta in collaborazione deve essere portata a conoscenza dell’assicurando secondo i principi di diligenza, correttezza e trasparenza vertenti in capo agli intermediari e in particolare del modello 7B in materia di informativa precontrattuale, in cui il broker retail dovrà indicare l’identità, la sezione di appartenenza e il ruolo svolto nell’ambito della collaborazione del broker wholesale.

L’informativa in questo caso non solo ha lo scopo di legittimare gli intermediari ad usufruire dei benefici della clausola broker in termini di compensi, ma svolge una funzione di garanzia nell’individuare i soggetti responsabili degli eventuali danni sofferti dal cliente. Infatti gli intermediari che collaborano nell’attività di intermediazione rispondono in solido dei danni sofferti dal cliente ex art. 2055 del Codice Civile ed art. 22, comma 11 Decreto Legge 179/2012.

Per questo motivo tra gli obblighi previsti in capo agli intermediari assicurativi è necessario non solo la stipula di una polizza di assicurazione per la responsabilità civile professionale, ma è anche necessario aderire ad un Fondo di Garanzia costituito presso la CONSAP ex art. 115  Decreto Legislativo 209/2015, per risarcire il danno patrimoniale causato agli assicurati e alle imprese di assicurazione o di riassicurazione che non sia stato risarcito dall’intermediario o non sia stato indennizzato attraverso la polizza di cui sopra. Tuttavia, ove il fondo dovesse operare, lo stesso ha l’obbligo di regresso nei confronti di tutti gli intermediari in collaborazione dei quali dovesse essere posto o collocato il contratto di assicurazione. Anche nel caso dell’operatività della polizza di assicurazione per la responsabilità civile professionale sussiste il diritto di regresso in capo alla Compagnia assicurativa.

Dunque l’intermediario, conformemente agli altri professionisti, si espone a varie contestazioni qualora non svolga la propria attività con diligenza, correttezza, e trasparenza nei confronti dei contraenti anche nell’ambito della collaborazione.

In particolare il Consiglio di Stato, con sentenza del 9 maggio 2011, n. 2746 ha espressamente affermato che “l’attività del broker assicurativo non può prescindere, in ragione della fiducia che tale profilo professionale induce presso il pubblico degli utenti, dall’osservanza del parametro di diligenza richiesto dall’art. 1176, comma 2, c.c. per la generalità dei professionisti, dato che altrimenti verrebbe significativamente sminuita la stessa ragione dell’esistenza di tale figura professionale, funzionale a porre il consumatore, che versa normalmente in una situazione di carenza informativa, in una posizione contrattuale più efficiente rispetto a quella in cui lo stesso si troverebbe nel rapporto diretto con l’agente (o con gli agenti) di Assicurazioni“.

Sullo stesso solco prosegue la Suprema Corte con una recente sentenza nella quale il giudice di legittimità ha evidenziato che i doveri primari degli assicuratori e degli intermediari “scaturiscono dagli artt. 1175, 1337 e 1375 c.c.; e la loro violazione costituisce una condotta negligente, ai sensi dell’art. 1176 c.c., comma 2.” (Cass. Civ. 24 aprile 2015 n. 8412).

Il discorso sulla responsabilità degli intermediari porta a fare una interessante considerazione: come per i servizi assicurativi, nelle procedure per l’affidamento dei servizi di brokeraggio da parte della Pubblica Amministrazione, sono stati osservati bandi nei quali venivano richieste capacità economiche finanziarie (spesso sproporzionate rispetto al valore dell’affidamento), fatturati e dimensioni in termini di personale delle agenzie di intermediazione al fine di conseguire collaborazioni con broker di maggiore affidabilità anche economica. Tali parametri, benché non fondati su alcuna base normativa, vengono spesso presi in considerazione non solo a livello di pubblica amministrazione ma anche nei rapporti tra privati.

E’ naturale, per esempio, l’interesse nutrito verso la solvibilità dell’assicuratore da parte degli intermediari assicurativi (lo stesso articolo 185 Codice delle assicurazioni private impone, ove opportuno, al broker di informare il cliente sulla situazione patrimoniale dell’Impresa assicurativa).

In particolare i broker effettuano ingenti investimenti finalizzati a consolidare i rapporti con i loro clienti. Il fallimento di un assicuratore può pregiudicare tali rapporti se comportasse dei costi a carico degli assicurati. Al fallimento, infatti, si susseguono tutto un insieme di costi diretti a carico del broker (come il costo della stipulazione del contratto di copertura con altri assicuratori), nonché potenziali contenziosi qualora venisse rilevata l’incapacità del broker di tutelare gli interessi degli assicurati, per aver negligentemente collocato polizze emesse da un assicuratore insolvente.

Che l’interesse alla stabilità e solvibilità possa essere esteso, oltre che verso la Compagnia di assicurazioni, anche per esempio tra broker retail e broker wholesale, nella suddivisione di responsabilità, è un’idea percorribile per garantire maggiore tutela da eventuali danni sia l’assicurato che l’assicuratore. Un vero e proprio obbligo di informazione riguardo alla stabilità finanziaria dei broker nei confronti di altri intermediari non esiste se non sottoforma del più generale principio di correttezza nei rapporti tra colleghi, così come da Codice deontologico degli intermediari. E’ la necessità di sicurezza dei mercati e dei rapporti tra gli operatori economici a spingere molte imprese di intermediazione a rendere note determinate informazioni economico-finanziarie e di corporate governance per comprovare e garantire l’affidabilità e la solidità finanziaria ed organizzativa anche tramite agenzie terze di rating. Bisogna, inoltre, tenere conto del fatto che generalmente il broker wholesale è una società di intermediazione ed in quanto tale presenta gli stessi obblighi di trasparenza e di bilancio previsti dalla presente normativa, non ultimo il Decreto Legislativo n°139 del 18 agosto 2015, recante novità in materia di bilancio d’esercizio e di bilancio consolidato in attuazione della Direttiva 2013/34/UE, cosiddetto “Decreto Bilanci”, le cui nuove disposizioni si applicano a partire dal 1°gennaio 2016. In particolare, l’art.6 comma 2 del decreto introduce l’obbligo di predisposizione del rendiconto finanziario ai fini della redazione del bilancio d’esercizio. Il nuovo art.2423 del Codice Civile al primo comma stabilisce che, gli amministratori devono redigere il bilancio di esercizio, costituito da: stato patrimoniale, conto economico, rendiconto finanziario, nota integrativa.

Le caratteristiche del rendiconto sono individuate dal nuovo art.2425-ter, secondo cui, dal rendiconto finanziario devono risultare, per l’esercizio in chiusura e per quello precedente:l’ammontare e la composizione delle disponibilità liquide all’inizio ed alla fine dell’esercizio; i flussi finanziari dell’esercizio derivanti dalle attività operativa, di investimento e di finanziamento.

Dalla lettura del bilancio è possibile non solo capire i motivi che hanno determinato il risultato economico in esso indicato, ma di formulare pareri attendibili sull’evoluzione delle gestioni future e quindi guidare al meglio le decisioni sulla scelta per esempio di un intermediario assicurativo quale è il broker wholesale.

Sono indicativi in termini di professionalità e affidabilità di un broker wholesale l’adesione, per esempio, al Modello Organizzativo e Gestionale (MOG) per la prevenzione dei reati previsti dal D.Lgs. 231 del 2001 e del Codice Etico, nonché il rilascio del Rating di Legalità delle imprese dall’AGCM (Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato) e di altre società terze di Rating che certifichino la solidità economico-finanziaria e la puntualità dei pagamenti. A tal proposito è interessante segnalare l’esistenza del Codice Italiano Pagamenti Responsabili, iniziativa di autodisciplina delle imprese promossa da Assolombardo sul modello del Prompt Payment Code britannico, che comporta l’impegno per le aziende che aderiscono a osservare la puntualità nei pagamenti.

 

Per quanto concerne il discorso del bilancio, da questo è possibile comprendere la solidità di una impresa facendo l’analisi di solvibilità della stessa. La solvibilità di un’azienda è rappresentata dalla capacità di un soggetto o di un ente di tener fede agli impegni presi con i creditori, di pagare gli interessi e di garantire il rimborso totale dei capitali avuti in prestito. I “debiti” sono un elemento quasi sempre presente nella struttura di un’azienda, maturandosi spesso attraverso investimenti oppure in risposta all’ottenimento di un finanziamento. Tali debiti hanno sempre una scadenza temporale entro la quale devono essere rimborsati: a seconda dell’entità del debito, il rimborso può essere effettuato entro 12 mesi o fino a 5 (o più) anni.

La solvibilità di un’azienda è esattamente la capacità che l’impresa ha di restituire i debiti maturati, siano essi a breve o lungo termine di scadenza. Logicamente, quanto più un’azienda è in grado di mantenere l’impegno di pagamento nei termini, tanto più sarà considerata “solvibile”.

Prendiamo per esempio in considerazione il rapporto tra l’EBITDA (detto anche MOL: margine operativo lordo) ovvero la “Differenza tra valore e costi di produzione” maggiorato di ammortamenti e svalutazioni e, al denominatore, la Posizione Finanziaria Netta ovvero la somma dei debiti finanziari al netto della cassa. Il rapporto misura la copertura dei debiti finanziari con i margini operativi creati dall’azienda: maggiore il valore del ratio, maggiore la solvibilità dell’azienda. Ulteriore aspetto da prendere in considerazione è il rapporto tra debiti finanziari e patrimonio. Questo ratio misura il rapporto tra i debiti finanziari (a breve e a lungo) e il patrimonio netto della società che, esprime la vera ricchezza della società, in quando dovrebbe essere costituito soprattutto dal capitale sociale e dagli utili accantonati. Infatti, cosa molto importante, il patrimonio netto costituisce la prima garanzia di soddisfazione dei creditori che, in casi estremi, possono agire esecutivamente sui beni della società.
Per quel che riguarda lo Stato patrimoniale di un’azienda generalmente è necessario procedere alla cosiddetta riclassificazione dello stato patrimoniale, attivo e passivo, per ottenere una capacità informativa superiore rispetto allo schema proposto dal legislatore. Le voci dello stato patrimoniale vengono riclassificate secondo un criterio finanziario di liquidità decrescente: ciò permette di valutare la capacità dell’impresa di far fronte agli impegni finanziari a breve termine (grado di liquidità) e a lungo termine (grado di solidità patrimoniale). In sostanza, si tratta di accertare se le attività a breve termine sono sufficienti e coprire le passività a breve termine e se gli investimenti aziendali sono stati correttamente finanziati e di conseguenza l’impresa risulta strutturata efficientemente dal punto di finanziario.

Un primo indicatore è rappresentato dal margine di struttura primario ovvero dalla differenza tra il patrimonio netto e le attività immobilizzate. Se tale margine risulta > 0 significa che le attività immobilizzate (investimenti) sono state finanziate con mezzi propri e di conseguenza la società è patrimonialmente solida.

Se, invece, il suo valore dovesse essere < 0 ciò significa che parte degli investimenti sono stati finanziati con capitale di debito ed in tal caso è da verificare se il finanziamento sia di lungo, medio o breve periodo per capire se la manovra possa aver portato a creare dello squilibrio patrimoniale o dipendenza finanziaria.

L’ altro indicatore è rappresentato dall’indice di struttura primario, che è dato dal rapporto tra il patrimonio netto e le attività immobilizzate. Se tale valore risulta > 0,7 si ha buona solidità; se è compreso tra 0,5 e 0,7 si ha scarsa solidità; se è < 0,33 siamo in una situazione di pericolo.

Anche il capitale circolante netto  è da prendere in considerazione dato dalla differenza tra le attività correnti e le passività correnti. Tale valore, tra le altre cose, risulta matematicamente uguale al valore del margine di tesoreria secondario. La sua analisi è interessante in quanto esprime una grandezza sia di tipo finanziario, in quanto sono presi in considerazione la liquidità in cassa ed i valori bollati, sia di tipo operativo dato dai crediti, magazzino e debiti commerciali. Un CCN > 0 indica che le passività a breve hanno adeguata copertura dal circolante e questo è indicativo di equilibrio finanziario. Un CCN < 0 indica che gli investimenti o parte di essi – attivo immobilizzato – è stato finanziato con debiti a breve (passività correnti) generando un potenziale rischio di squilibrio finanziario in caso di richiesta di rientro o di aumento di tassi di interesse. E’ in ogni caso necessario prestare attenzione al valore anche se positivo, in quanto un valore eccessivamente positivo potrebbe essere indice di un disequilibrio finanziario, e pertanto di una criticità, in quanto dovuto a: scarsa rotazione del magazzino; lentezza o difficoltà di incasso dai clienti (crediti elevati); eccessiva velocità nei pagamenti dei fornitori. Sostanzialmente il Capitale Circolante Netto (differenza tra Attivo Corrente e Passivo Corrente) fornisce un valore che ha il pregio di essere sinteticamente segnaletico di eventuali situazioni anomale da approfondire (qualora sia negativo).

A completamento dell’analisi della situazione finanziaria della società vi è l’indice di indebitamento. Tale indicatore esprime in quale percentuale i mezzi di terzi finanziano il capitale investito essendo dato dal rapporto tra i mezzi di terzi (passività correnti + consolidate) / totale attivo (impieghi).

Speculare è l’indice di indipendenza finanziaria. Questo indice viene tenuto in considerazione dal sistema bancario per attribuire all’impresa il “rating” ed il relativo merito creditizio. Pertanto è un indice particolarmente importante da analizzare e monitorare.

Da segnalare anche l’indice di indipendenza da terzi il quale rappresenta l’incidenza dei mezzi di terzi rispetto ai propri nel finanziare gli impieghi a breve e a lungo dell’impresa e la conseguente sua solidità finanziaria.

Ma attenzione, il livello di indebitamento, osservando i mezzi propri e di terzi, necessita sempre di essere contestualizzato per poter esprimere giudizi fondati. Se i mezzi di terzi sono preponderanti, ma costituiti principalmente da debiti operativi e non finanziari, non ci si dovrebbe più di tanto preoccupare. Infatti, parlando del funzionamento del broker assicurativo, rientra nel processo fisiologico l’accumulazione di consistenti debiti operativi. La natura di intermediario del broker si attesta su due livelli, uno informativo/contrattuale che consiste nel far incontrare i due soggetti economici interessati allo scambio e nell’occuparsi del passaggio dei documenti necessari per fornire l’adeguata conoscenza dell’altro soggetto e delle condizioni operanti nel rapporto prima, e per la stipula del contratto poi. Un secondo piano riguarda quello della gestione dei pagamenti o rimborsi, in quanto non c’è passaggio diretto di mezzi di pagamento tra la compagnia e l’assicurato. Questo fatto è all’origine del particolare contesto in cui opera il broker, in quanto in ogni momento della vita aziendale esistono debiti nei confronti delle compagnie, dovuti ad incassi dei premi da parte del cliente in attesa che la parte di spettanza della compagnia sia ad essa versata (solitamente ogni mese). Dunque è evidente come il debito sorge solo a fronte di un precedente incasso di pari entità e pertanto non è strano o patologico che i debiti siano così percentualmente rilevanti nel passivo.

 

Il sistema di bilancio presenta dei limiti per quanto riguarda la rappresentazione della dinamica finanziaria, la quale non è catturata come quella reddituale, ricavata dagli schemi di bilancio e approfondita tramite gli indici. Si pone dunque la necessità di “un’ulteriore tecnica di elaborazione dei dati di bilancio che estenda l’analisi alla situazione patrimoniale iniziale e proceda ad una combinazione dei dati reddituali e patrimoniali nella prospettiva di cogliere la dinamica finanziaria dell’impresa”. L’analisi per flussi parte dalla considerazione che le informazioni ritraibili dai dati di due bilanci, ancorché espresse mediante indici, forniscano solo elementi per giudicare due istanti della vita aziendale, ignorando le operazioni che hanno causato tali mutamenti. Per questi motivi per analizzare la struttura finanziaria si procede con la costruzione di un sistema di flussi finanziari (rendiconto finanziario) il cui primo obiettivo è quello di far emergere le variazioni nelle grandezze patrimoniali e dunque, collegandole tra loro e con le grandezze del conto economico, evidenziare la dinamica finanziaria dell’azienda. In sintesi con la redazione del Rendiconto finanziario ci si prefigge l’obiettivo di inquadrare la dinamica relativa all’equilibrio finanziario dell’impresa, aggregando per aree le risorse finanziarie generate o consumate che costituiscono il collegamento tra il conto economico e il confronto tra due stati patrimoniali successivi. Equilibrio finanziario inteso come capacità dell’azienda di fronteggiare gli investimenti con adeguati mezzi finanziari ottenuti dall’attività di gestione o, in altri termini: “affinché un’impresa possa sopravvivere e svilupparsi è necessario che riesca a mantenere condizioni di equilibrio tra i fabbisogni e le fonti di finanziamento, nel breve e nel medio lungo periodo”.

 

Avv. Gian Carlo Soave.